La vita di Eldrado, monaco e abate di Novalesa morto verosimilmente il 13 marzo dell’anno 840, è conosciuta solo per episodi isolati, tratti da alcune fonti agiografiche datate fra il IX e il XIII secolo, ma note nella maggioranza dei casi attraverso trascrizioni di Sei e Settecento e le più recenti edizioni critiche di Ludwig Conrad Bethmann, Carlo Cipolla e Gian Carlo Alessio (Zonato 2013, p. 27). Tali fonti riferiscono che Eldrado nacque ad Ambel, in Provenza, senza però precisarne l’anno di nascita, né i trascorsi prima del suo arrivo a Novalesa. La figura del santo è tratteggiata tramite attributi generici e ricorrenti, quali l’austerità, la pazienza, la saggezza, la nobiltà d’animo e d’intenti e la magnanimità verso i poveri, ai quali – dopo essersi fatto egli stesso povero – distribuì gran parte delle cospicue ricchezze avute in eredità. I testi ne ricordano anche la vicinanza ai pellegrini – per i quali fece costruire ripari sicuri nel suo paese d’origine, dove fondò anche una chiesa dedicata a san Pietro – e il suo stesso peregrinare attraverso la Gallia, la Provenza, l’Aquitania e la Spagna alla ricerca di un luogo in cui vigessero la Regola benedettina e la più rigida clausura, che trovò nell’abbazia di Novalesa, dove venne accolto dall’abate Amblulfo. Presso il cenobio condusse con costanza e impegno la semplice vita del monaco, ottenendo dopo sette anni il titolo di abate, incarico che conservò sino alla morte. Alla guida della comunità novalicense seppe difenderne gli interessi nei confronti del potere temporale rappresentato dai sovrani franchi, distinguendosi inoltre per i suoi meriti culturali, legati al quadro delle attività avviate dalla corte carolingia intorno alla revisione e diffusione dei testi sacri, adibiti altresì all’uso scolastico. Alla fama di santità e alla devozione per Eldrado contribuirono i numerosi miracoli che la tradizione gli attribuì in vita e dopo la morte. Episodi come il cosiddetto “miracolo dei serpenti”, secondo il quale il santo liberò dalla minaccia delle serpi il villaggio di Monêtier-les-Bains, nella valle di Briançon, o il “miracolo del naufragio”, con cui avrebbe salvato da morte certa un gruppo di crociati sorpresi da una tempesta sulla via del ritorno dalla Terra Santa, nonché i numerosi episodi legati alla guarigione di muti, storpi e nutrici divenute sterili, ne fecero un taumaturgo vicino alle classi meno abbienti e alle categorie più deboli degli infanti e delle donne (Crotti Pasi 1993, ad vocem). 

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