Lungo tutto il medioevo, sin dai secoli V e VI, la Valle di Susa è stata connotata da alcuni caratteri distintivi: strada, confine, assetto alpino-vallivo del potere.  

L’antica “strada romana delle Gallie” continuava a rappresentare uno dei collegamenti più usati tra il sud e il nord dell’Europa, pur manifestando ovvie carenze manutentive, date da un’epoca di forti incertezze politiche e sociali, durante la quale, rispetto all’uso assiduo del valico del Monginevro, cominciò ad affermarsi il percorso alternativo del Moncenisio. Infatti, il primo percorso, più lungo e meno impervio, era adatto a mezzi di trasporto pesanti e complessi, a eserciti consistenti e a una rete stradale opportunamente mantenuta; il secondo, invece, più arduo e scarsamente mantenuto, ma era più breve, adatto a piccoli manipoli di armati e a percorsi che cercavano di ridurre al minimo la durata del passaggio nelle asperità montane. Nel pieno medioevo, poi, la Valle di Susa fu attraversata dalla cosiddetta “via Francigena”, costituita non da un tracciato preciso, ma semmai da un reticolo viario, un’area di strada, che mutava in base alle stagioni dell’anno e alle condizioni politiche del momento, lungo le direttrici Susa-Moncenisio-valle dell’Arc e Chiomonte-Monginevro-Briançon. 

L’aspetto confinario della zona, invece, fu connotato dal succedersi di diverse frontiere belliche: dapprima quella attestata sullo spartiacque alpino fra Burgundi e Ostrogoti; poi quella fra Franchi e Longobardi, stabilita nella località di Chiusa, all’imboccatura della Valle; successivamente – dalla fine dell’XI al XIII secolo –  quella fra i Savoia (attestati fino ad Avigliana) e la Città di Torino con il suo vescovo (forti dell’avamposto del castello di Rivoli); e più a lungo tra Savoia e Delfini, all’altezza di Chiomonte. 

Dalla capacità dei Savoia di costruire un vero e proprio principato “di passo” di lunga durata, basato su una sicura presenza fondiaria tra le terre al di qua dei monti e i territori d’Oltralpe, derivò l’assetto alpino-vallivo del potere locale, incardinato negli ultimi secoli del medioevo nell’ordinamento delle castellanie. Queste erano delle  cellule circoscrizionali affidate, entro termini definiti, a propri funzionari perennemente amovibili e designati ad amministrare la giustizia e la fiscalità ordinarie, a sorvegliare i transiti e a garantire l’ordine pubblico. A ricoprire il ruolo di custodes di un castello furono, a seconda dei casi, personalità differenti. Alcune, essendo strettamente legate all’entourage sabaudo, non ebbero interesse a radicarsi sul piano politico e patrimoniale presso la propria castellania. Altre, invece, in quanto membri di famiglie locali, già detentrici di mansioni nel comitato di Torino, decisero di entrare in rapporto con i Savoia sommando ai propri possedimenti privati la titolarità di un castello, che poteva essergli riconosciuto in via permanente come ricompensa della loro fedeltà. Altre ancora immigrarono dall’area transalpina per inserirsi nel contesto sociale e signorile della Valle, mantenendo i contatti con il proprio retroterra o puntando a fondo sulla nuova collocazione (Sergi 2018).  

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