Varcata la soglia del cenobio, ogni monaco acquisiva una sorta di nuova cittadinanza che lo distingueva per sempre da coloro che erano rimasti nel saeculum.
Alla solitudine e all’isolamento garantiti dalle mura del monastero e dall’ambiente circostante si univa il confine altrettanto decisivo, seppur intangibile, imposto dalla Regola, con le principali indicazioni per garantire la qualità evangelica della vita comune e per salvaguardare il cammino di ciascuno nella carità. Tuttavia, i rapporti con il mondo esterno non erano del tutto esclusi; motivi di forza maggiore potevano indurre il monaco fuori dalla clausura e imporre il rispetto di precise norme comportamentali circa il vestiario, cosa mangiare, a chi parlare, se e quando intrattenersi con i propri famigliari; ma soprattutto era fatto assoluto divieto di riferire ai confratelli quanto visto e sentito fuori dal monastero e – in certi casi – era previsto che il monaco appena rincasato venisse benedetto dall’abate per mondarsi dall’influenza negativa del mondo (Marazzi 2015, p. 92).
Per fuggire dall’accidia, i tempi della vita in monastero erano determinati con nettezza e legati all’assolvimento di specifici compiti in determinati ambienti del cenobio. Nonostante nel medioevo il calcolo delle ore fosse piuttosto impreciso e la concezione del tempo fluttuasse in rapporto alle stagioni e alle regioni geografiche, la giornata di ogni monaco era scandita secondo tempi precisi e un ritmo piuttosto intenso. Essa iniziava con le preghiere recitate nel cuore della notte (vigiliae), seguite da quelle svolte alle prime luci dell’alba (mattutino), vera e propria prova di perseveranza in cui i religiosi, vincendo il sonno, invocavano la protezione del Signore durante il buio delle tenebre, per poi lodarne la grandezza e generosità al sorgere del sole. Tra le vigilie e il mattutino poteva intercorre un periodo di riposo, oppure di lettura e meditazione. All’ora prima, poco dopo il levar del sole (fra le 6 e le 8) ogni monaco si metteva all’opera, studiando o lavorando sino all’ora di pranzo, con un breve intervallo per la preghiera di terza (fra le 9 e le 10). Il pranzo si consuma all’ora sesta (verso le 11.30 e le 12), salvo nei periodi di digiuno, in cui può essere ritardato sino all’ora nona (verso le 14.30 e le 15) e servito una sola volta al giorno. In tempi normali, fra il pranzo e l’ora nona, è consentito riposare, oppure leggere e meditare. Seguono le attività pomeridiane sino a dodicesima (verso le 17.30, al tramonto), quando si recita il vespro e si consuma la cena. Al calar del sole tutti i monaci tornano in dormitorio, dove, prima di prendere sonno, recitano le ultime orazioni di compieta (dopo il tramonto). In definitiva, al di là delle variazioni stagionali, un terzo della giornata è dedicato al riposo, un terzo alla preghiera e alla lettura e un terzo al lavoro manuale (Marazzi 2015, pp. 106-110).
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