Coro ligneo della chiesa abbaziale di Novalesa
Maestranze savoiarde
1425-1450 ca.
legno di noce lavorato, scolpito e dipinto
2 x 12 x 70 cm
Restauri:
Iscrizioni:
Ubicazione: Bardonecchia, chiesa parrocchiale di Sant’Ippolito.
Provenienza: Chiesa abbaziale dei Ss. Pietro e Andrea di Novalesa.
Bibliografia: Gentile 1977, pp. 48-50; Damiano 2002, pp. 35-42; Gentile 2004, pp. 76-78; Favro, Gatto Monticone, Zonato 2009, pp. 37-40.
Il coro ligneo, acquistato per la chiesa parrocchiale di Sant’Ippolito di Bardonecchia da don Joseph Marie Vachet nell’inverno 1828-1829, si trovava in origine davanti all’altare maggiore della chiesa abbaziale di Novalesa, quale jubé tra la navata maggiore e lo spazio del presbiterio riservato ai soli monaci. Fonti documentarie attestano che tale assetto – ricorrente nelle chiese monastiche medioevali – perdurò almeno sino alla seconda metà del Seicento e forse sino alla ristrutturazione della chiesa ai primi del Settecento (Damiano 2002, p. 35). L’opera fu realizzata tra il 1432 e il 1452, durante il governo dell’ultimo priore regolare Vincenzo Aschieri, ed eseguita con ogni probabilità da una bottega di intagliatori savoiardi che trova confronti con analoghi manufatti presenti nella chiesa abbaziale di Saint-Claude nello Jura, a Sant’Orso di Aosta e nella cattedrale di Saint-Jean de Maurienne (Favro, Gatto Monticone, Zonato 2009, p. 37).
Il coro, connotato da una caratteristica struttura “a celle”, conserva sedici stalli dell’ordine superiore, ma in origine doveva essere più ampio, data la completa assenza dell’ordine inferiore e la riduzione delle sedute superiori per adattare la struttura all’abside della chiesa di Sant’Ippolito, privilegiando forse le parti meglio conservate ai primi dell’Ottocento. Le fiancate del coro presentano decorazioni solo nei due stalli estremi: il primo a sinistra reca nella parte inferiore lo stemma della famiglia Aschieri, uno scudo a sei fasce orizzontali alternatamente a rilievo e non; l’ultimo stallo, invece, reca nella medesima posizione la figura policroma di San Pietro inscritta in una cornice polilobata. I due seggi presentano anche elaborati tramezzi con volute vegetali sulle quali si abbarbicano dei draghi rampanti. Di contro, le restanti sedute sono scandite da tramezzi più semplici con volute vegetali con fronda ad S, terminanti in basso in un poggia-mano a foglia palmata che si richiude su sé stessa. Una pigna sporge tra la parte inferiore e quella superiore di ogni voluta. I dossali sono invece delimitati da cornici scanalate e arcatelle, al cui interno di collocano sottili colonnine tortili che reggono archi trilobati. Nella parte alta di ogni dossale compaiono cinque decori geometrici policromi ad andamento romboidale e circolare. Inoltre, i dossali del primo e dell’ultimo stallo presentano rispettivamente le raffigurazioni finemente scolpite dell’Agnus Dei e del monogramma IHS all’interno di un sole raggiato, seguite dallo stemma dipinto della famiglia Aschieri. I cieli dei baldacchini, costituiti da una tavola arcuata, sono abitati dalla raffigurazione di santi benedettini, della Vergine, di Sant’Antonio abate e un candeliere a sette bracci (quest’ultimo di fattura recente, realizzato su indicazione di mons. Francesco Bellando) (Favro, Gatto Monticone, Zonato 2009, pp. 37-38). Di contro, la parte apicale del coro è percorsa da un lungo fregio scolpito, compreso tra una teoria di archetti trilobati (in basso) e una decorazione a fleurons (in alto). I vari pannelli che compongono il fregio recano al centro, tra motivi vegetali, un tondo con la figura di un apostolo o di un profeta che tiene tra le mani un cartiglio su cui si legge rispettivamente un articolo del Credo apostolico e la corrispondente anticipazione veterotestamentaria (Damiano 2002, p. 39).
Cappelli e vestiti stravaganti connotano l’abbigliamento dei profeti e dei personaggi dell’Antico Testamento, lasciando presumere una derivazione dai costumi usati nel teatro sacro medievale. Inoltre, rispetto a rappresentazioni analoghe, appare con evidenza una diversa successione delle figure, la non coincidenza tra i personaggi e i testi solitamente loro attribuiti, una sostanziale o lieve diversità del testo rispetto alle versioni più diffuse. Tali difformità si spiegano con la summenzionata riduzione del numero degli stalli, originariamente accompagnati dai Dodici Apostoli, da altrettanti Profeti, un’Annunciazione e Salomone, con un versetto del libro della Sapienza, il tutto per un numero complessivo di almeno 26 stalli maggiori, distribuiti in due opposte schiere, dinanzi alle quali si collocavano gli stalli minori, non pervenuti nel rimaneggiamento ottocentesco, il tutto per un’estensione complessiva di circa 18 metri, contando che la larghezza di ogni stallo è di 70 centimetri (Gentile 2004, p. 78). Per contro, allo stato attuale sono presenti, da sinistra verso destra, Ezechiele, il profeta Amos, San Giovanni, il profeta Geremia, l’Annunciazione, Sant’Andrea, il re Davide, San Filippo, San Simone, il profeta Malachia, il profeta Zaccaria, San Mattia, il re Salomone, il profeta Isaia, San Giacomo minore, San Giacomo maggiore, San Tommaso e il profeta Sofonia. Va inoltre ricordato che un pannello con la raffigurazione di San Pietro che reca l’incipit del Credo si conserva presso la casa parrocchiale di Bardonecchia, mentre alcune parti di tramezze a volute vegetali sono esposte presso il locale Museo Civico.
Sul piano stilistico, le figure del coro novalicense paiono rifarsi a una tradizione non estranea al coro trecentesco di San Giusto di Susa, ma virano verso un certo espressionismo popolaresco nella mimica delle figure, ricorrente nell’estetica figurativa del Quattrocento subalpino.