Sant’Eldrado abate
Maestro savoiardo
seconda metà del XV secolo
legno (bosso?) scolpito e dipinto
115 x 40 x 30 cm
Restauri: 1993, Rosso Luigi e Famiglia (Saluzzo, CN). Durante il restauro sono stati eseguiti: un primo consolidamento della scultura, la successiva pulitura tramite la rimozione della patina di sporco più superficiale e delle ridipinture soprammesse alla policromia originale, il risarcimento della mano sinistra con il pastorale (già sostituiti da elementi posticci), la disinfestazione del manufatto (aggredito in più punti da insetti xilofagi), il risarcimento della policromia e la stesura di una soluzione protettiva.
Iscrizioni: Alla base della statua si legge: «San Eldrado Abate».
Ubicazione: Chiesa abbaziale dei Ss. Pietro e Andrea di Novalesa.
Bibliografia: Gentile 1977, pp. 43-44; Ludovici 2013, pp. 82-83.
Mostre: Novalesa (Abbazia dei Ss. Pietro e Andrea) 1998; Aosta 2013
La scultura ritrae il santo novalicense quale abate e “pastore di anime”, connotato dai consueti attributi del pastorale (simbolo del potere giuridico e dottrinale esercitato su confratelli e fedeli) e del libro della Regola dell’Ordine, definito con attenzione nel particolare delle bindelle che ne fissano la chiusura. La curvatura naturale del legno, sapientemente assecondata, e la posa calibrata di mani e piedi spezzano l’apparente frontalità e staticità dell’immagine, in parte acuita dallo schematico disegno del panneggio, accompagnandosi al convincente realismo di un volto emaciato e solcato da profonde rughe d’espressione, esplicito riferimento a una prassi monastica fatta di digiuni e penitenze.
Nel manufatto, attualmente custodito presso uno degli altari laterali della chiesa abbaziale dei Ss. Pietro e Andrea e già ricordato nel 1898 da Carlo Felice Biscarra sulla mensa della più antica cappella dedicata al benedettino, Guido Gentile ha riconosciuto la statua di sant’Eldrado citata da un inventario del 18 giugno 1644 all’interno del sacello dei Ss. Cosma e Damiano (poi re-intitolato a sant’Eldrado), posto sino al secondo decennio del XVIII secolo presso il fianco settentrionale della chiesa monastica (Gentile 1977, p. 44); sulla scorta di tale ipotesi la scultura può essere vista come una delle numerose componenti iconografiche radunate all’interno della cappella fra il XIV e il XVI secolo dietro l’impulso dei commendatari novalicensi, al fine di ricordare attraverso un unico luogo e in un unico momento la storia del monastero per mezzo del suo abate più illustre, di cui – stando alle fonti e alle opere conservatesi – reliquari, statue, dipinti e affreschi reiteravano in modo incalzante l’immagine e il ricordo.
Allo stato attuale delle ricerche, nel manufatto è possibile scorgere la mano di un anonimo maestro presumibilmente savoiardo, attivo nella seconda metà del XV secolo e qui capace di un intaglio accurato, apprezzabile nella resa dei pochi capelli attorno alla chierica, nella pettinatura della barba, così come nel particolare dei punti di chiusura del saio lungo i fianchi della figura, il tutto secondo uno stile che a livello locale trova una certa affinità nel San Lorenzo scolpito intorno al 1500 per la cappella di San Gregorio di Giaglione (Gentile 1977, p. 44).